Sosia s.r.l.
presenta
OMBRE ROSSE
ideato da :
Marco Cavicchioli e Andrea Schianchi
con
MARCO CAVICCHIOLI
Musiche di
:
Salvatore Panu
eseguite dall'autore
Testi di:
Massimo Carlotto, Marcello Fois, Carlo Lucarelli,
Mauro Covacich, Andrea Schianchi, Francesco Piccolo,
Roberto Alaimo, Marco Cavicchioli, Aldo Nove, Michele
Serra
Scene e costumi:
Stefania Cempini,
Luci:
Michele Cimadomo
regia di
GIAMPIERO SOLARI
Lo spettacolo "OMBRE ROSSE"
nasce da un'idea dell'attore Marco Cavicchioli e del
giornalista-scrittore Andrea Schianchi, che hanno avuto
il comune desiderio di portare alla luce e mettere in
scena le storie tragiche e buffe, divertenti e
malinconiche di un secolo di comunismo.
Da Lenin a Trotzkij, da Che Guevara a
Mao Tze Tung, da Gramsci a Stalin, dai gulag alle rivolte
studentesche: frammenti di un mondo e di un'ideologia che
sembrano essere svaniti in una bolla di sapone, ma che
hanno lasciato sul campo romantici nostalgici.
Sotto la supervisione artistica di
Giampiero Solari, accompagnati dal dolce suono della
fisarmonica di Salvatore Panu, vedremo rappresentati sul
palcoscenico il dramma di Garcìa Lorca davanti al
plotone di esecuzione; la struggente malinconia di un
anziano compagno che vede cambiare il nome del PCI, la
rabbia e la vergogna che si provano davanti
all'instaurazione della dittatura di Pinochet in Cile,
l'elenco di un personaggio che ha conosciuto tutti i
bolscevichi e li racconta così come lui li ricorda.
E' una satira sul significato di che
cosa il comunismo ha lasciato nell'anima della gente, un
viaggio in un universo che sembra essersi completamente
dissolto, ma che ha lasciato grandi cicatrici nel
presente.
E' un culto tragicomico sulle miserie e
gli splendori della più grande utopia del '900 Si tratta
di una rappresentazione in itinere costituita da numerosi
testi, a cui hanno collaborato Michele Serra, Francesco
Piccolo, Marcello Fois e Massimo Carlotto, si intrecciano
e si intersecano dando origine ad una appassionata e
nostalgica rievocazione del grande passato del comunismo,
dai toni intensi e forti, e al tempo stesso ironici e
scanzonati che caratterizzano da sempre l'attore
bolognese.
Distribuito da Sosia srl
Viale Carducci, 7 - 40125 Bologna
Tel. : O51 343830 Fax: 051-345700 E-mail:
info@sosianet.it
www.sosianet.it
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RASSEGNA STAMPA
L'Unità 12 Marzo
2002
FRAMMENTI DI COMUNISMO IN
SCENA
"Ombre Rosse":
miti e stracci di una pratica politica recitati da Marco
Cavicchioli Oreste Pivetta
Modena.
Del comunismo è rimasta
la parola. Il resto s'è perso nella storia, dimenticata
o tradita, travolta dalle polveri di un muro.
La parola ancora si
pronuncia misurando le sillabe, più nell'intimo della
nostalgia che in pubblico. In pubblico da noi la recita
solo Berlusconi, come un aggettivo per demonizzare la
sinistra comunista, con la voce un po' stridula di una
minaccia perfida e carogna.
Debolmente ci si accomoda
negando: no, non è una sinistra comunista, è una
calunnia, dal comunismo ci siamo liberati, è solo
propaganda?Ma che ne sa lui del comunismo?
Che ne sappiamo del
comunismo: la grande illusione, la grande bugia, la
grande speranza, le bandiere rosse, i bolscevichi, i
menscevichi, Lenin, Stalin, Mao Tse Tung, rigorosamente
preceduti da un "viva", il gulag, la Siberia,
Gramsci, Togliatti, Longo, Berlinguer, ci attacchiamo a
Fidel, ci attacchiamo a Che Guevara, il muro di Berlino e
la piccola Bolognina, che anche nel diminutivo tradisce
una fine triste, una morte senza onori e senza trombe e
tamburi, senza solennità, un ripiegarsi nella polvere
della incuria.
Scriveva Majakovski:
"Che suono stridente ha questa parola/per chi non è
che inferno il comunismo/ma per noi/questa parola è
musica profonda/che risveglia i morti dalla lotta".
Majakovski non è un profeta e il comunismo non è
all'ordine del giorno, non esiste il socialismo, la
socialdemocrazia s'è spenta. I laburisti sono diventati
persino più pallidi.
Non c'è Lenin che
conclude la riunione invitando i compagni; e ora andiamo
a costruire il socialismo. Non c'è neppure Bad
Godesberg: chiedete a un giovane se gli evoca qualcosa e
nessuno sarebbe in grado di inventarsi una nuova Bad
Godesberg.
Dopo tanto gridare
"Vietnam libero", il Vietnam sarà libero dagli
americani, ma non da se stesso. Rifondazione è comunista
e un partito è dei comunisti italiani, ma nessuno si
sognerebbe di additare per il nostro sole dell'avvenire
un'organizzazione della società basata sulla proprietà
comune dei mezzi di produzione e dei prodotti del lavoro.
Ci hanno provato. Il
conflitto è esploso. La natura umana è molto peggio,
nel senso della cattiveria, dell'invidia,
dell'ingordigia, di un'utopia sociale.
Una delle sere passate, in
un teatro alla periferia buia di Modena, in mezzo ai
capannoni di una rimessa filoviaria, un teatro che sembra
nato tra le vecchie avanguardie e il buon governo
istituzionale di un comune rosso, un centinaio di
persone, saltando il Festival di Sanremo, ha ascoltato un
bravo attore raccontare alcune scene del comunismo, non
il comunismo perché sarebbe impossibile e risulterebbe
soprattutto retorico, insopportabile e ancora più
triste.
Il palco è spoglio, un
tavolo, una sedia, sul fondo, da un'estremità all'altra,
un'asta rigida dalla quale pendono abiti, come un filo
teso della biancheria, i pantaloni, giacche, camicie,
alla rinfusa, stracci, come sono stracci le memorie del
comunismo.
Con Andrea Schianchi, un
giornalista e scrittore, l'idea di "Ombre
Rosse", lo spettacolo del Teatro delle Passioni di
Modena, è stata di Marco Cavicchioli, che nella
sceneggiata delle robe vecchie si presenta con il naso
rosso del clown, il clown che è lui, l'uomo del nostro
tempo, l'omino degli ultimi bagliori e del dopo
comunismo, che si confessa, si piange addosso, rivela i
suoi rancori, sente il peso di un tradimento, non sa che
dire. E' rimasto senza parole di fronte a questi anni
senza comunismo.
Schianchi e Cavicchioli
hanno invitato molti scrittori a raccontare il loro
comunismo, quello che non hanno visto, quello che hanno
letto, quello che hanno da ricordare? Alcuni testi (di
Massimo Parlotto, Marcello Fois, Francesco Piccolo,
Michele Serra e dello stesso Andrea Scianchi) li hanno
scelti per Modena, altri entreranno nello spettacolo che
verrà allestito a Sant'Arcangelo di Romagna.
I brani sono brevi, lampi
su una storia secolare, monologhi che Marco Cavicchioli,
accompagnato dalla fisarmonica di Patrizia Angeloni,
restituisce con intensità moltiplicata dalla sua voce,
dalla sua mimica, dei suoi occhi balenanti.
Cavicchioli è un giovane
piccolo, un po' stempiato, un po' scavato, dagli occhi
vivi. Si cambia d'abito dietro il filo della biancheria,
compare ua volta come il vecchio militante che ascolta
incredulo della sentenza scritta alla Bolognina, che
apprende così di non potersi più chiamare comunista.
Cambia la camicia con una
giacca grigioverde e diventa Mario Teran, l'ufficiale
boliviano che uccise Che Guevara e s'illumina di fronte a
quei colpi di pistola e rivendica una fama, un compenso,
una gloria che non gli furono riconosciuti.
Con una bottiglia in tasca
Cavicchioli, barcollante sull'assito, si fa Esenin, il
grande poeta "teneramente malato di memorie
infantili", che rivede i segni della sua povertà e
della sua disperazione.
Con indosso una giacca di
pelle e un berrettuccio leninista, recita la parte del
bolscevico che elenca i nomi dei compagni, i loro
incarichi, in una pagina che avrebbe potuto assumere più
risolutamente un taglio elencatorio, alla Perec (come nel
magistrale resoconto dell'emigrazione europea a New York,
delle quarantene di Ellis Island, sommario di nomi slavi,
francesi, irlandesi, russi, italiani, di ebrei, di
carichi delle navi, di malattie, di tragedie).
Con un completo moderno,
Cavicchioli è l'intellettuale che conta "ciò che
gli resta", impressioni minime di vita privata e
finestre sull'orizzonte più grande. Il Cile di Pinochet,
l'Argentina dei colonnelli, Garcia Lorca davanti al
plotone di esecuzione?
Tutte storia di comunisti
e di vittime del comunismo, vittime per il loro
comunismo, sangue, una infinità di sangue, che adesso ti
spiegano come sia stato versato in malo modo: inutilmente
è possibile, in malo modo non sempre. Il comunismo è
una teoria di ombre che camminano sulla scena del mondo.
Mettono tristezza.
Cavicchioli recitando non
si sente mai prigioniero della Grande Eredità, il suo
spettacolo non è una tesi. E' un documentario; com'erano
certi comunisti, come non lo sono più certe istantanee
della sconfitta, un pezzo di teatro? Il futuro è
un'altra cosa e non siamo stati capaci di farlo diverso.
La "prova" di
Modena: un effetto documento liberato dalla retorica.
Lo spettacolo ampliato
verrà presentato a Volterra Teatro.
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